Siamo in attesa, come molti altri settori ed attività, di conoscere le eventuali decisioni sulla collocazione del Piemonte in zona di colore diverso da quello attuale (zona rossa) in ordine alle restrizioni imposte dal Governo per combattere l’epidemia di Covid-19.
Al momento attuale, in considerazione delle informazioni contraddittorie che stanno circolando in questi giorni, non è possibile fornire alcun chiarimento su come evolverà la situazione caccia, né vogliamo correre il rischio di creare false aspettative inseguendo l’una o l’altra voce, come purtroppo alcuni fanno sui social alimentando spesso sterili discussioni e polemiche fuori luogo, in particolare di fronte alla situazione che molti cittadini stanno vivendo riguardo alla salute e alle difficoltà lavorative ed economiche del momento.
Una cosa è certa: né la Regione Piemonte né tantomeno il Comprensorio Alpino possono assumere decisioni che scavalchino le direttive del Governo, condivise o meno esse siano.
E l’interpretazione del DPCM del 3 novembre scorso fornita dal Governo in merito agli spostamenti purtroppo è perentoria:
- Zona rossa: caccia non consentita;
- Zona arancione: caccia consentita solo nell’ambito del proprio Comune (purché ovviamente questo ricada nell’ATC, CA, AFV o AATV di ammissione);
- Zona gialla: caccia consentita ovunque.
È del tutto evidente che, nel caso della zona arancione, si determina per i cacciatori una forte discriminazione tra chi è residente in un Comune ricadente nel territorio del Comprensorio e chi viceversa risiede all’esterno del Comprensorio stesso. Per la caccia di selezione è ancora peggio in quanto il Comune di residenza, qualora ricada nel Comprensorio, non è detto che ricada anche nel distretto di assegnazione del capo. Come si vede, le situazioni che si genererebbero in caso di zona arancione sono molteplici e difficili da gestire. Ma non solo, ci sono Comuni ad alta densità di cacciatori che hanno un territorio poco esteso e, al contrario, Comuni con superfici Agro Silvo Pastorali di svariate migliaia di ettari dove i cacciatori residenti si contano sulle dita di una mano: e sicuramente questa sproporzione, al di là delle fortune e degli interessi personali dei singoli cacciatori, genera risvolti molto negativi per la gestione ambientale e la conservazione di alcune specie.
Ai sensi della L. 157/92 la gestione faunistico venatoria in Italia, a parte qualche piccola realtà, si svolge non su base comunale ma su ampi territori omogenei (gli ATC e i CA) di estensione sub provinciale e quindi con superfici di alcune decine di migliaia di ettari. È strano che di questo aspetto il Governo non abbia tenuto conto nell’analisi, pur difficile, della casistica relativa alle restrizioni agli spostamenti sui territori regionali. Anche perché altre attività similari alla caccia per caratteristiche delle zone frequentate e per le minime possibilità di creare assembramenti non sono state sospese.
Sappiamo che le Regioni e le Associazioni venatorie hanno sottolineato tale incongruenza ai rappresentanti del Governo ma, pur auspicandolo fortemente, non possiamo prevedere se l’interpretazione attuale sarà modificata.
Come sempre sarà nostra cura pubblicare sul nostro sito ogni eventuale aggiornamento utile accompagnandolo dall’invio di un sms informativo.